Musica sì, ma dove?

Critici e musicologi hanno molto discusso “come” si debba far musica ma, finora, abbastanza poco sul “dove” sia opportuno farla (o "dove" sia stata offerta o presentata). Eppure il “dove” non è mai irrilevante e dovrebbe anche avere, quindi, una diretta influenza sul “come”. Non è certo difficile immaginare quale diverso effetto possa produrre sull’ascoltatore una performance “live” di Ravi Shankar (il grande virtuoso indiano di sitar) all’ora del giorno che il “raga” da lui prescelto richiede e in uno dei luoghi in cui la musica classica indiana si esegue abitualmente, oppure, la stessa performance, registrata su disco e ascoltata in un appartamento di Lugano, oppure mentre viaggiamo in treno, con l’aiuto di un iPod. In effetti, è proprio la registrazione fonografica che ci ha abituato a pensare che la musica sia del tutto disancorabile dall’ambiente in cui e per cui fu originariamente prodotta. Siamo quindi adesso abituati a pensare che la musica sia un bene dei più trasportabili, di quelli che viaggiano bene, perfino più del vino che spesso, viaggiando, perde molte delle sue qualità organolettiche. Eppure la musica, allo stesso modo, può anche perdere moltissimo quando la si trapianta.

Non ci pensiamo quasi mai, ma buona parte della musica “classica” che siamo abituati ad ascoltare in sale da concerto che oggi si costruiscono appositamente per questo scopo, fu composta in un’epoca (fino alla prima metà dell’800, cioè) in cui queste sale da concerto in realtà non esistevano ancora. Ecco quindi che ascoltare oggi Vivaldi o Haydn in una di queste sale vuol dire collocare le loro musiche in un ambiente per cui non erano state pensate.  Quale è la differenza? Secondo i casi può essere modesta oppure rilevante. Pensiamo al fenomeno della risonanza, del riverbero. I preludi e fughe del “Clavicembalo ben temperato” di J.S. Bach hanno un “ritmo armonico” (un succedersi di situazioni accordali) piuttosto rapido. Ciò in ragione del fatto che sono brani per tastiera, pensati per essere suonati in ambienti relativamente piccoli, senza riverbero e, quindi, senza il pericolo di sovrapposizioni cacofoniche tra gli accordi che si succedono speditamente (si può quindi facilmente comprendere, quanto diverso possa essere il loro effetto in una sala anche di media grandezza). Le Cantate e le Passioni dello stesso Bach, invece, fatte per essere eseguite in chiesa, hanno un ritmo armonico meno serrato, adatto quindi ad un ambiente con una certa strutturale presenza di riverbero. Insomma, il far musica comporta sempre numerose domande. Il "quando" conta certamente molto, ma conta anche il "dove" ha la sua importanza.