Armonie 'illegali: John Cage

Pensate ai suoni della quotidianita: il vecchio orologio a pendolo, il traffico sotto casa, frammenti di conversazione, musica che proviene dall’appartamento vicino. Questi sono tutti esempi di quello che John Cage chiamava illegal harmony (armonie fuori legge). Intendeva dire con ciò che l’”armonia” in musica si produce con la sovrapposizione intenzionale ed artistica di suoni elementari e discreti, che sono a loro volta già il risultato di una preselezione culturale; come lo è la scala maggiore o minore. Al Conservatorio si impara a maneggiare questi elementi preselezionati secondo procedimenti che la tradizione ha codificato e che sono quindi esprimibili in forma di “regole”. Questa è dunque l’armonia da manuale, quella “legale”. Ogni altra sovrapposizione di suoni, il simultaneo abbaiare di un cane che si combina col rumore di un aereo che ci sorvola, mentre una motocicletta che sgomma gira l’angolo di casa nostra, costituiscono un’armonia “fuori legge”, "illegali". Cage sosteneva che anche le armonie “illegali o fuori legge”, per chi le sappia ascoltare, possono offrire piacere estetico. Naturalmente, lui era arrivato a questo tipo di sensibilità tramite il Buddismo Zen, che richiede una quiete interiore che per la maggior parte di noi, calati in una vita attiva di tipo occidentale, non è facilmente attingibile. E’ paradossale quindi che Cage, americano del XXmo secolo (il più rumoroso in assoluto nella storia del mondo, che sarà certo superato dal XXImo), è paradossale che dovesse ricorrere al pensiero orientale per riuscire a con gli aspetti più invasivi della sua propria stessa cultura. In altre parole: non riusciamo a sopportare il rumore, e non possiamo nemmeno eliminarlo, ebbene, impariamo ad estrarre il bello, l’interessante, il gradevole, il “musicale” in ogni fenomeno acustico che potenzialmente ce lo possa offrire. È certamente vero che in molti casi le armonie fuori legge meritano attenzione. Quando ci vengono brutalmente imposte io, che a differenza di Cage non sono un uomo mite, reagisco in altro modo e trovo che l'espressione 'inquinamento musicale' sia troppo sofisticata. Diciamo piuttosto che alcuni suoni e musiche che ci costringono a sentire, francamente...rompono.