Musica o rumore?
Corriere del Ticino, 2 maggio 20012

« La musica non è rumore molesto né tantomeno inutile.» Così afferma Fabio Pontiggia nel CdT del 30 aprile. Gli devo dare ragione per forza, perché faccio il musicologo. La musica però, comunque si voglia definire e comunque si definiscano i labili confini tra musica e rumore, è un fenomeno per sua natura invasivo (Kant lo ricorda nella Critica della Ragion Pura). È un fenomeno invasivo non solo perché, se un quadro non piace basta voltare la testa altrove per evitarlo, mentre le orecchie rimangono esposte e indifese (a meno di non tapparle brutalmente o scappare); ma, anche, proprio perché - a differenza del puro rumore - la musica è portatrice di “senso” e risulta quindi difficile alla nostra mente, quando non ci aggrada, eclissarla al di sotto della soglia di consapevolezza. Non c'è dunque da sorprendersi se in numerose occasioni (per esempio anche a Guantanamo) sia stata utilizzata come strumento di tortura (la musica, si badi bene, non il rumore).

La musica è portatrice di senso e, ancora una volta, dò quindi ragione a Pontiggia. Non è affatto inutile, perché veicola connotazioni identitarie fortissime in cui gruppi, strati sociali, classi di età, tradizioni e culture si riconoscono. Facendone la loro bandiera, a volte ostentatamente, i gruppi umani segnalano agli altri la differenza e il confine che li separa. In altre parole, ogni musica dice a qualcuno “tu sei dei nostri” e a qualcun'altro “tu invece sei un outsider”. Nessuna musica fu mai concepita per piacere a tutti e non c'è musica al mondo che piaccia proprio a tutti. Per questa ragione la musica che preferiamo è spesso rumore per altri (mio padre odiava Nevermind dei Nirvana, io invece lo adoro).

Una società che vuole essere tollerante ha bisogno di acquisire consapevolezza di come la musica, l'arte in genere, vada rispettata sì, ma mai inflitta - proprio come le religioni. Ciò vale per tutte le cose che noi consideriamo buone e che altri hanno però il diritto di non desiderare o desiderare solo in alcuni momenti della propria vita. A me non piacerebbe essere costretto a mangiare ogni giorno torta al cioccolato. Non mi piacerebbe nemmeno che un attore, anche se bravo, mi infliggesse quotidianamente la lettura della Gerusalemme Liberata. Non mi piacerebbe nemmeno essere costretto ad ascoltare il Sesto Libro dei madrigali di Claudio Monteverdi, quando invece avrei voglia di godermi un pochino di silenzio.