Vedere la musica

La tecnologia per documentare anche visimamente gi eventi musicali è ormai alla portata di tutti. Eppure, a tutt'oggi la registrazione audiovisiva non è ancora considerata una conditio sine qua non della ricerca etnomusicologica. In effetti c'è davvero domandarsi perché. Forse una delle ragioni è da ricercare nella radicata avversione per la fisicità e per il corpo che il cristianesimo sin dai suoi inizi ha instillato nella nostra cultura; una avversione per il corpo che ci ha poi condotto all'idea che la musica possa essere concepita senza il corpo, decorporeizzata, ed esaminata dunque come prodotto sonoro in sé e per sé. Non mi sembra sia senza significato il fatto che quando in Europa si ascolta musica africana (quella per esempio di Youssou N'Dour), in Europa la si “ascolta”, mentre in Africa la si “danza”. Forse questa idea, che la musica possa esistere separata dal corpo, ancora tanto salda nella subcultura della musica che diciamo “classica” (si tratta fondamentalmente di musica decorporeizzata, da ascoltare in silenzio e senza mai reagire col proprio corpo) si riverbera in certa misura anche nel mondo dell'etnomusicologia. Pensiamo così che anche le musiche del mondo si possano in fondo ascoltare, senza “vedere” cosa faccia il corpo del music-maker, e come reagisca il corpo di coloro che ricevono la sua musica.