La vita è bella

 

 

Roberto Benigni realizzò nel 1997 un film che si intitola proprio così: La vita è bella. Fu un grande successo mondiale e vinse l'Oscar. Si tratta di un film di fronte al quale è impossibile non provare forti emozioni. Che però conduca alla conclusione che la vita sia veramente bella è quantomeno un possibile oggetto di discussione. Inquadrandolo nel proprio vissuto e nella propria visione generale delle cose, qualcuno dirà di sì, qualcuno dirà di no. È facile comunque immaginare che se Sofocle, Giacomo Leopardi, Chateaubriand, Walt Whitman, Alberto Moravia o Daniel Pennac avessero avuto modo di vederlo, avrebbero decisamente optato per il "no", e lo fecero anche senza averlo visto: 

 

Sofocle, tuttavia, non la pensava così: “Non essere nati è la sorte migliore di tutte, ma se si nasce, il meglio è tornare là donde si è venuti al più presto.” (Sofocle, Edipo a Colono). 

Nemmeno Leopardi, il quale osservò: “Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l'una di non saper nulla, l'altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non aver nulla a sperare dopo la morte.” (Giacomo Leopardi, Zibaldone) E altrove aggiunse: "A chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?" (Giacomo Leopardi, "Storia del genere umano", Operette Morali). 

Non è difficile trovare citazioni che vanno in questo senso. Eccone alcune:

Après le malheur de naître, je n’en connais pas de plus grand 
que celui de donner le jour à un homme. (Chateaubriand, Mémoires d'outre-tombe)

Has any one supposed it lucky to be born? I hasten to inform him or her it is just as lucky to die, and I know it. (Walt Whitman, Song of Myself, 120)
 


“La vita non ha niente di sublime, se non questo: che la si può gettare via con un gesto sublime.” (Moravia, 1943, p. 177).

“Ai-je le droit d’enclencher un destin? Ne sais-je point que mettre une vie en marche c’est lancer la mort à ses trousses ?” (Daniel Pennac, Monsieur Malaussène au Théâtre, 1996, p. 29).