Umani “vil razza dannata”
I concetti di “bene” e di “male” sono evidentemente forgiati dalla cultura in cui
vivono. Lo disse già Montesquieu nel XVIII secolo: “La justice
elle-même change selon les pays ; une action est jugée innocente ici et coupable là-bas : cela dépend du point de vue que l’on prend. Souvent les lois changent en franchissant un méridien ou un
parallèle.” (De l'esprit des lois). Da qui l’enorme differenza delle
legislazioni vigenti nelle diverse nazioni. Alcune contemplano la pena di morte, altre no, in altre lo stesso ergastolo di rado si traduce realmente nel carcere a vita.
In tutti i sistemi di valori esiste comunque il dualismo “bene” - “male”, “buoni” - “cattivi”. In rapporto a questo sistema di riferimento, quale esiste nell’ambiente in cui vivo, devo a
malincuore ammettere di non sentirmi interamente buono. Posso dunque ben prendere a prestito la famosa dichiarazione che Spinoza a sua volta riprese da Terenzio: “Homo sum, humani nihil a me
alienum puto”. La frase contiene il riconoscimento di quanto entrambi fossero consapevoli di avere in sé tutto il bene e tutto il male che, a quanto pare, inevitabilmente, risiede negli esseri
umani. Su grande scala, su scala planetaria il male sembra prevalere alla grande. È impossibile negare che la storia dell’umanità sia una storia di nefandezze. Si può anche facilmente affermare
che nessun’altra specie animale ha mai generato così tanta sofferenza, per sé stessa e per le altre specie, quanto quella umana. Detto in altri termini, collegare “bontà” ad “umanità” genera un
vero e proprio ossimoro. Eppure, lo si fa continuamente. Spesso diciamo di qualcuno: oh, come è “umano” e intendiamo dire “oltremodo buono”. Oppure affermiamo che alcune persone vengono trattate
in modo “inumano”!
Questo non vuol dire, ovviamente, che gli animali umani siano costantemente malvagi. Esistono, infatti, ottime ragioni per non esserlo sempre. Tra queste, la necessità di convivere socialmente
con gli altri, la paura di rappresaglia da parte di questi e – a volte – persino il desiderio di differenziarsi dagli altri esibendo e ostentando la propria (non proprio spontanea) bontà. Si
tratta in quei casi di bontà che si nutre di orgoglio, di desiderio di superiorità, e di vanità. Mi sembra sia spesso questo il caso di molti tra i cosiddetti “santi” celebrati dalla Chiesa di
Roma.
Eppure, è per noi umani difficile riconoscere e prendere atto di questa realtà. Noi umani dovremmo con buona ragione riconoscere di essere i “demoni del pianeta”. Ma questa forma di sincerità
proprio ci manca.