Scott Joplin e la riscoperta del Ragtime

 

La storia della musica occidentale, a cominciare dalla seconda metà dell’Ottocento, è in misura non trascurabile una storia di riscoperte. Per secoli era stato consueto dimenticare musica e musicisti man mano che, col passare del tempo, inevitabilmente, cessavano di essere alla moda. Ma poi con il fenomeno Bach tutto cambiò. Nel corso dell’Ottocento Bach fu riscoperto, tolto dal dimenticatoio e, cosa mai avvenuta prima, si cominciò a dare a un musicista del passato molto più valore di quanto gli stessi contemporanei si fossero mai sognati di attribuirgli. Questa fu, per così dire, la “madre di tutte le riscoperte”. Da quel momento in poi abbiamo continuato a vivere, musicalmente, di riscoperte: dopo Bach venne Antonio Vivaldi e poi tantissimi altri come Claudio Monteverdi. Poi si andò ancora più indietro nel tempo: venne Josquin des Prez, Guillaume de Machaut, Hildegard von Bingen, lo stesso canto gregoriano. Tra tutte queste riscoperte ci fu anche quella particolarissima di Scott Joplin compositore di “ragtime”. E sì, perché questa nostra propensione a riscoprire e dare valore al passato non si arresta ai confini della musica del filone classico, ma va ben oltre. Fu così che verso il 1970 riemerse dall’oscurità questo Scott Joplin, che all’inizio del secolo scorso aveva goduto di una certa, ma non straordinaria popolarità, con questo brano che si intitola Maple Leaf Rag, facile da reperire su YouTube.  

 

Maple Leaf Rag è un brano pianistico, un ragtime che Scott Joplin pubblicò nel 1899, quando viveva a Sedalia nel Missouri e si guadagnava da vivere suonando il pianoforte in bar e postriboli. Uno di questi locali si chiamava appunto, Maple Leaf (Foglia di Acero). Il 1899, per darvi un punto di riferimento fu l’anno della morte di Johann Strauss Junior, il re del valzer, è anche l’anno in cui nacquero Francis Poulenc, George Auric, e Duke Ellington. E il 1899 è dunque anche l’anno in cui questo americano nero di nome Scott Joplin, che noi oggi ricordiamo come uno dei maggiori compositori di ragtime, certamente il più noto al grande pubblico, compose questo brano che è uno dei due o tre di questo genere che più sono stati suonati, arrangiati e, anche, utilizzati nelle colonne sonore di innumerevoli films.

 

È interessante ricordare che ragtime, questo genere musicale quasi esclusivamente pianistico, fortemente sincopato, fu un genere che ebbe all’epoca una diffusa  popolarità ma di sicuro non molto prestigio. Era musica che si suonava nei locali di quei quartieri che oggi diciamo “a luci rosse”. Non era musica che attirasse l’attenzione degli intellettuali. Vista alla luce delle funzioni a cui assolveva, veniva percepita come qualcosa di volgare, prodotto dalla subcultura dei neri d’America. E questo fatto ci segnala ancora una volta uno dei meccanismi più affascinanti della dinamica dei processi musicali. Numerosissimi repertori, proprio come il ragtime, nacquero in ambienti poveri, animavano la vita dei quartieri malfamati (penso al jazz, al tango, al rebetico greco, al fado portoghese). Ma, col tempo, questi generi subirono un processo di ascesa, di graduale rivalutazione, fino a diventare di interesse anche per la cultura paludata e accademica – insomma quella che incessantemente ricorda a sé stessa di essere “cultura”. A volte questi processi di ascesa sono pilotati da qualche intellettuale da, come posso dire, qualche opinion maker, che riesce a dare ad una certa musica quelle credenziali di nobiltà che all’origine non aveva. Nel corso del Novecento il ragtime cominciò ad essere rivalutato dapprima in quanto predecessore e precursore del jazz. Ma poi, verso gli anni ’70 arrivò Joshua Rifkin e costui fu davvero un opinion maker. Joshua Rifkin oltre ad essere pianista è un musicologo, uno studioso di Bach che ha avanzato teorie controverse su come debbano essere eseguite le composizioni corali di Johann Sebastian (sostenne che ogni parte corale era cantata, all'epoca, da una sola singola voce). Insomma, quando un musicista come lui comincia ad interessarsi al ragtime e ad un compositore quasi dimenticato come era Scott Joplin, la gente e anche i musicisti cominciano ad ascoltare. 

 

È la storia che desideravo raccontarvi. La storia di come un genere musicale quasi dimenticato, e di come uno dei suo compositori più significativi, che mai avevano goduto di grande prestigio, nel corso del Novecento fu riscoperto, valorizzato e apprezzato, anche grazie al concorso di un colto musicista e musicologo. Joshua Rifkin, con l’autorità di chi è visibile ed apprezzato nel mondo della cultura, seppe attirare la nostra attenzione su questo tipo particolarissimo di arte che fiorì ai margini della vita culturale degli Stati Uniti, per pochissimo tempo durante gli anni che collegarono l’Ottocento al Novecento.

Succede quasi sempre così. Bach fu riscoperto grazie al concorso di Mendelssohn e Schumann. In tempi più recenti Gustav Mahler fu valorizzato grazie a Leonard Bernstein; fu proprio lui, un americano, paradossalmente, a convincere i viennesi che questo loro Mahler era un grande compositore da non dimenticare. E coloro che amano i ghiribizzi umoristici e i sarcasmi musicali di Erik Satie sanno pure quanto si debba all’opera del pianista italiano Aldo Ciccolini se questo compositore oggi sia entrato nel repertorio, direi nel “canone” degli autori che marcano con la loro musica il carattere del primo Novecento. Per la riscoperta del ragtime e di Scott Joplin sono assi grato a Joshua Rifkin.